di Riccardo Paccosi
Ho iniziato a parlare dell’esistenza di una Via Yankee al Sovranismo, più o meno da quando ho iniziato a identificarmi, da un punto di vista marxista, con tale categoria politica. Dunque, intorno al 2012.
Infatti, dall’avvento dell’austerity del Governo Monti nel 2011, si è immediatamente palesato che, a fronte della rigidità tedesca che indirizzava le posizioni dell’Unione Europea imponendo politiche di macelleria sociale a Grecia e Italia, da parte degli Stati Uniti vi era un atteggiamento decisamente più elastico nei confronti della spesa pubblica e del bilancio statale. La troika che impartiva ordine ai governi euro-mediterranei, in altre parole, risultava essere composta dal “poliziotto buono” FMI e dal “poliziotto cattivo” Commissione Europea.
Così, molte figure pubbliche che in quel periodo e a vario titolo si pronunciavano contro l’austerity – per esempio Paolo Barnard, ma anche Stefano Fassina – enunciavano altresì esplicitamente la necessità di cercare sponda politica negli Stati Uniti e nel Fondo Monetario per uscire dalla trappola mortale del fiscal compact e dal controllo tedesco sulla nostra economia.
Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti.
Otto anni di austerity hanno quasi del tutto eroso, presso l’opinione pubblica italiana ed europea, il preesistente sostegno alla prospettiva eurofederalista e hanno portato, quindi, il sovranismo al centro del dibattito politico e reso maggioranza parlamentare quelle forze politiche che, con varia gradazione, alle tematiche sovraniste sostengono di rifarsi.
Il punto è che a questa centralità dell’istanza sovranista, corrispondono manovre e strategie di carattere geopolitico da parte di forze straniere – in particolar modo gli Stati Uniti – per orientare a proprio vantaggio il ruolo dell’Italia nell’Europa che nascerà, dopo il probabile fallimento dell’Eurozona e dopo il possibile affossamento della prospettiva federalista.
A fronte di queste manovre, l’atteggiamento delle forze a vario titolo sovraniste (cioè i sovranisti-costituzionalis
Rispetto alla situazione politica odierna, invito quindi a leggere tre testi pubblicati negli ultimi quattro giorni:
1) l’articolo del saggista Federico Dezzani intitolato “Gli angloamericani giocano la carta M5S-Lega puntando alla Germanexit“, pubblicato sul blog eponimo;
2) l’intervento dell’analista geopolitico Pierluigi Fagan intitolato “Complessità democrazia e cambiamento”, pubblicato sulla pagina facebook di quest’ultimo;
3) la lettera del Professor Paolo Savona, di commento alla crisi determinatasi intorno alla sua persona, pubblicata da diversi siti web.
Da questi interventi diversissimi fra loro, emerge un quadro non certo esaustivo, ma rispetto al quale risultano chiari alcuni elementi di correlazione tra crisi politica italiana e crisi dei rapporti fra Germania e Stati Uniti. Specificamente, risulta che:
a) Il recente tentativo di governo Lega-M5S, ha avuto la benedizione dell’ambasciatore USA Lewis Eisenberg e il sostegno entusiastico e militante del guru della destra americana Steve Bannon;
b) come sostengono i redattori della rivista Limes, per quanto ai vertici degli Stati Uniti sussista oggi un conflitto interno lacerante, le varie fazioni che si combattono a Washington concordano su un punto: l’esistenza di un altro conflitto – geopolitico e strategico – fra Stati Uniti e Germania; tale conflitto è dovuto alla progressiva “ostpolitik” di quest’ultima, materializzatasi in crescenti accordi bilaterali con la Cina e nel progetto di gasdotto North Stream 2 con la Russia;
c) esattamente come la Germania, gli Stati Uniti non credono alla visione fatalista-determinista che domina in Italia, secondo cui il processo di Stato Unico europeo sarebbe ineluttabile; al contrario, i paesi che ragionano scevri da orpelli di superstizione ideologica, stanno lavorando alacremente intorno a possibili scenari post-eurozona o, addirittura, post-eurofederali; nell’ambito di tali scenari, gli Stati Uniti intendono cavalcare e indirizzare a proprio vantaggio l’inevitabile processo sovranista dell’Italia, ovvero intendono impedire che quest’ultima entri nell’orbita della filo-russa e filo-cinese Germania e che, grazie alla pressione del sovranismo italiano, la Germania stessa si ritrovi costretta a decidere la fine dell’esperimento di moneta unica;
d) ovviamente, un governo recante istanze più o meno sovraniste, si troverebbe naturaliter alleato con questa parte degli Stati Uniti poiché, nell’immediato, l’ostacolo a rimettere nelle mani delle istituzioni elettive e democratiche (cioè quelle nazionali) le redini dell’economia, sarebbe rappresentato dalla Germania;
e) in questo modo, si sta prospettando la possibilità di una “via yankee al sovranismo” che, per forza di cose, allontanerebbe l’Italia dalla Mitteleuropa e renderebbe più stretti i suoi legami con gli Stati Uniti.
Questi anni di austerity tedesca, hanno fatto a molti dimenticare cosa significhi il legame dell’Italia con gli Stati Uniti sul piano della sottomissione ai dogmi neoliberisti. Quel legame significa, fra le tante cose: deregolamentazione economica, recante degradazione dei diritti sociali (vedi trattato CETA o il temporaneamente bloccato TTIP); tramite scimmiottamento degli USA nell’abolire il finanziamento pubblico ai partiti, privatizzazione della politica ovvero sua sottomissione definitiva al lobbysmo e agli interessi privati; tramite rapporti del sistema sanitario italiano con le grandi aziende farmaceutiche americane, abolizione del principio di assistenza sanitaria gratuita e universale; tramite la NATO, coinvolgimento in guerre che – come quella in Siria o quella al momento “fredda” con la Russia – collidono totalmente e pesantemente con quelli che sono gli interessi economici e strategici dell’Italia.
Malgrado tutto questo, in ambito sovranista o comunque fra i critici dell’eurofederalismo, si manifesta la tendenza a demonizzare la Germania che impone l’austerity e, quindi, a porre in secondo piano il problema rappresentato dagli Stati Uniti.
Oppure, si teorizza un’irenica neutralità rispetto a entrambi i paesi. Il che, in linea di principio, è certamente condivisibile. Ma la neutralità non nasce mai dall’inazione, bensì è il risultato di attività diplomatica, d’indefessa tessitura di alleanze internazionali.
Ma soprattutto, l’obiettivo della neutralità non può che avere, come passaggio inderogabilmente prioritario, la revisione dei rapporti con quel solo e unico paese che ha collocato, sul territorio italiano, 40 basi militari e 90 testate nucleari.
Il punto, dunque, è saper distinguere fra gli aspetti immediati e contingenti della politica internazionale e le prospettive geopolitiche di portata medio-lunga.
È del tutto evidente che, nell’immediato, l’istanza sovranista dell’Italia si troverà a confliggere con la direzione tedesca dell’Eurozona.
Ma in uno scenario post-moneta unica o post-federale, la relazione con la Germania potrebbe invece assumere una valenza diametralmente opposta. E non solo nello scenario “post”, ma anche nella fase immediatamente precedente: in caso di crisi delle relazioni intra-europee, infatti, la Germania – che storicamente ha vissuto l’euro come un’imposizione – potrebbe trovarsi alla guida dei paesi euroscettici.
Da un punto di vista sovranista, sarebbe veramente triste osservare – in un eventuale scenario europeo post-federale – l’Italia legata a triplo filo con gli Stati Uniti mente la Germania se ne veleggia, autonoma, verso uno spazio di cooperazione con i Brics.
Nel contesto politico italiano, se da una parte il M5S fonda totalmente la propria legittimazione internazionale sui rapporti con ambienti inglesi e americani, vediamo la Lega muoversi in modo più spregiudicato e, quindi, più autonomo. Se da una parte Salvini svolge incontri cordiali con Steve Bannon, dall’altra intesse rapporti col partito Russia Unita di Putin ed enuncia – nella conferenza stampa di presentazione della candidatura di Alberto Bagnai – una futura saldatura con la Germania in versione “euroscettica”.
Dal momento che, per numerose ragioni, non si possono riporre le proprie speranze su un personaggio ideologicamente contradditorio e tendente all’improvvisazione come Salvini, occorre che una visione di lungo termine sul rapporto con Stati Uniti e Germania s’insedi anche negli ambienti sovranisti veri e propri. Una visione che sappia distinguere fra una prospettiva immediata di scontro con la direzione tedesca dell’Unione Europea e una prospettiva geopolitica di lungo termine, che impone all’Italia di allentare lo storico legame con gli Stati Uniti e abbracciare il nuovo assetto multipolare del mondo.
Una prospettiva, soprattutto, che eviti che i sovranisti italiani facciano il ruolo degli utili idioti e cioè che contrastino la Germania laddove necessario, ma senza assecondare i progetti atlantisti volti a recare maggior peso agli Stati Uniti in Europa: ora, vi è il fondato sospetto che il governo Lega-M5S quest’accortezza non l’avrebbe affatto avuta.
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