di Franco Mattarella
Di quanto sia radicata l’esigenza delle credenze nella mente umana scrive lo psicoanalista Giovanni Jervis nel libro “Psicologia Dinamica”: “Qualsiasi credenza in quanto spiegazione, anche la più irrazionale e assurda, tende a rendere meno minacciosa l’imprevedibilità dell’universo. Il nostro cervello sembra spontaneamente convinto che una “qualsiasi spiegazione è meglio di nessuna spiegazione”. A questo meccanismo si lega una estrema difficoltà ad accettare il fatto che moltissimi eventi sono puramente casuali e frutto di coincidenze.” Secondo il filosofo Charles Peirce, l’essere umano non sopporta la condizione di dubbio e si aggrappa alla prima opinione che lo convince pur di averne una. Ma il dubbio è essenziale per il pensiero umano, “quando il dubbio cessa, cessa anche l’azione mentale del soggetto”. Costitutivamente l’essere umano desidererebbe riposare la mente, smettere di pensare, ma il mondo non glielo permette.
Il punto chiave
La continua lotta dell’essere umano per eliminare le illusioni dalle credenze
Di quanto sia radicata l’esigenza delle credenze nella mente umana scrive anche lo psicoanalista Giovanni Jervis nel libro “Psicologia Dinamica” (pp. 171-173):
Qualsiasi credenza in quanto spiegazione, anche la più irrazionale e assurda, tende a rendere meno minacciosa l’imprevedibilità dell’universo. Il nostro cervello sembra spontaneamente convinto che una “qualsiasi spiegazione è meglio di nessuna spiegazione”. A questo meccanismo si lega una estrema difficoltà ad accettare il fatto che moltissimi eventi sono puramente casuali e frutto di coincidenze. […] La psicologia dinamica può suddividere le credenze in razionalizzanti, mobilitanti, consolatorie, giustificative, atte a stabilire legami di affiliazione, e così via. Analogamente, la psicologia sociale si interesserà del modo in cui le credenze magico-religiose rendono più coesa una comunità di immigrati, o di come certi sistemi di credenze sono funzionali al mantenimento di un determinato assetto sociale, per esempio di tipo autoritario.
Illusioni cognitive
La mente umana è soggetta, per motivi evoluzionistici, a illusioni cognitive, come gli studi degli psicologi cognitivisti degli ultimi 20-30 anni hanno dimostrato (ad esempio Daniel Kahneman). Le illusioni cognitive distorcono la nostra percezione del mondo inducendo molti pregiudizi o errori (bias cognitivi), tra i quali l’illusione del controllo, l’eccesso di sicurezza di sè (overconfidence) e il pregiudizio di conferma (confirmation bias). Uno studio degli psicologi Lauren Alloy, Lyn Abramson e Gerald Metalsky (ved. bibliografia) ha evidenziato come le persone depresse siano meno soggette a illusioni cognitive perchè esse non pensano di controllare il mondo con le loro azioni, mentre le persone “sane” hanno una supersicurezza delle loro credenze che le spinge all’azione.
Mondi in cui vivere
Lo psicologo Paolo Legrenzi, nel libro “Credere”, descrive così i mondi mentali nei quali ogni persona può scegliere di vivere (p. 139):
Per gli scienziati e i logici, le credenze dovrebbero venire collocate tutte su un segmento. Ai due estremi del segmento abbiamo 0 e 1. Zero corrisponde a ciò che è impossibile, 1 a ciò che è vero di sicuro, cioè le conoscenze. In mezzo ci sta l’incertezza, più o meno grande. Questa è massima a metà del segmento. Quel punto corrisponde a stati mentali in cui crediamo che qualcosa possa accadere con il 50% delle probabilità e possa non succedere con il 50% delle probabilità. Incertezza assoluta. Ai lati dell’incertezza assoluta si colloca ciò che è possibile, più o meno probabile. Lì sta la nostra vita. A noi il caso non piace.
Gli esseri umani possono vivere in almeno tre mondi mentali, in funzione dell’incertezza che riescono a sopportare. Coloro che non sopportano nessuna incertezza si rifugiano nel mondo della fede, coloro che desiderano l’incertezza si rifugiano nel mondo del mistero (magia, superstizione, ecc.) e, infine, coloro che vogliono ridurre l’incertezza scelgono di vivere nel mondo della probabilità
In che modo aggiorniamo le nostre credenze?
Il filosofo Charles Sanders Peirce (Opere pp. 361-371), in anticipo rispetto alle successive scoperte della psicologia cognitiva, sosteneva che le conoscenze umane sono il risultato di ricerche che hanno avuto origine dal dubbio, ovvero da “uno stato di irrequietezza e insoddisfazione contro il quale lottiamo per liberarcene e passare allo stato della credenza“. Ma il fatto che una credenza si riveli più efficace di altre, cioè permetta di abbandonare la condizione di dubbio meglio di altre, non implica che essa sia anche la più vera. Il fine della ricerca è perciò quello di stabilire delle opinioni, cioè di fissare delle credenze che crederemo “vere”, in base alle quali sarà possibile agire.
Come si arriva alla credenza? Secondo Peirce vi sono quattro possibilità:
- La “tenacia” di chi si rifiuta di mettere in discussione le proprie idee
- la “autorità” che esclude le altre opinioni
- il metodo a priori o metafisico che procede in base al puro ragionamento
- il metodo scientifico che si basa sul procedimento sperimentale
Charles Sanders Peirce e il fissarsi delle credenze
Il filosofo Charles S. Peirce nel 1877, in un saggio intitolato “il fissarsi della credenza” (da: Opere, C.S.Peirce, 2003 -pp.361-362), descrisse ciò che si oppone all’autocorrezione dei processi di pensiero:
L’irritazione del dubbio causa una lotta per conseguire uno stato di credenza.[…]Perciò la lotta inizia con il dubbio, e termina con la cessazione del dubbio. Insomma, il solo obiettivo della ricerca è lo stabilirsi di un’opinione. Si potrebbe supporre che questo non basti, e che noi andiamo in cerca non meramente di un’opinione, ma di un’opinione vera. Ma se mettete alla prova questa supposizione, la troverete senza fondamento: infatti, appena raggiungete una salda credenza, siete perfettamente soddisfatti, sia che la credenza sia vera, oppure falsa.[…] Possiamo al massimo sostenere che andiamo in cerca di una credenza che ‘crederemo vera‘.
Secondo Peirce, l’essere umano non sopporta la condizione di dubbio e si aggrappa alla prima opinione che lo convince pur di averne una. Ma il dubbio è essenziale per il pensiero umano, “quando il dubbio cessa, cessa anche l’azione mentale del soggetto”. Costitutivamente l’essere umano desidererebbe riposare la mente, smettere di pensare, ma il mondo non glielo permette
La dissonanza cognitiva motore interno del (possibile) cambiamento delle credenze
Ogni essere umano è impregnato di credenze contraddittorie, e il motivo l’ha evidenziato, ad esempio, lo storico Yuval Harari nel libro “Breve storia dell’umanità” (p. 204):
Se le tensioni, i conflitti e i dilemmi irrisolvibili sono le spezie di ogni cultura, ogni essere umano che appartenga a qualche cultura deve abbracciare credenze contraddittorie e sentirsi lacerato da valori incompatibili. E’ una caratteristica così essenziale da avere persino un nome: dissonanza cognitiva. La dissonanza cognitiva è spesso considerata una défaillance della psiche umana. In realtà è un bene vitale. Se non fossimo in grado di avere credi e valori contraddittori, probabilmente sarebbe stato impossibile istituire e mantenere una cultura umana qualsiasi.
La dissonanza cognitiva è stata teorizzata nel 1957 dallo psicologo Leon Festinger con il libro “Teoria della dissonanza cognitiva”, nel quale egli descrisse le sue ipotesi di lavoro e gli esperimenti condotti per confermare la sua teoria. Egli, ipotizzando che ogni individuo mira alla coerenza con se stesso, enunciò così le sue ipotesi di base (p. 2):
- L’esistenza della dissonanza, provocando un disagio psicologico, spingerà l’individuo a tentare di ridurla per ottenere la consonanza
- Quando la dissonanza è presente, l’individuo oltre a cercare di ridurla eviterà attivamente situazioni e conoscenze che aumenterebbero probabilmente la dissonanza
Esposizione a nuova informazione e dissonanza cognitiva
Conclusioni (provvisorie): Le credenze nascono dalla difficoltà umana ad accettare il fatto che moltissimi eventi sono puramente casuali e frutto di coincidenze
Nonostante la rivoluzione conoscitiva avviata dal metodo scientifico, vi è una persistenza di credenze false e contraddittorie nella mente di tutti noi. Anzi, sembra proprio che le credenze appartengano costitutivamente al nostro stile di pensiero. Qualsiasi credenza in quanto spiegazione, anche la più irrazionale e assurda, tende a rendere meno minacciosa l’imprevedibilità dell’universo. Il nostro cervello sembra spontaneamente convinto che una “qualsiasi spiegazione è meglio di nessuna spiegazione”. Infatti scrive Charles Sanders Peirce: “Cos’è dunque una credenza? Essa è una regola per l’azione, cioè è “un avviso a noi stessi di come dobbiamo, all’occasione, agire nei riguardi di certe cose”. Gli esseri umani possono vivere in almeno tre mondi mentali, in funzione dell’incertezza che riescono a sopportare. Coloro che non sopportano nessuna incertezza si rifugiano nel mondo della fede, coloro che desiderano l’incertezza si rifugiano nel mondo del mistero (magia, superstizione, ecc.) e, infine, coloro che vogliono ridurre l’incertezza scelgono di vivere nel mondo della probabilità. L’insorgere di dissonanze, a seguito di nuovi eventi o informazioni, è indubbiamente un fatto quotidiano nella vita di ognuno e produce un momentaneo disagio nell’individuo che le subisce. Lionel Festinger si propose di indagare le circostanze in cui tali dissonanze perdono il carattere di fenomeno momentaneo per diventare persistenti. La dissonanza cognitiva varia fortemente da individuo a individuo, infatti vi sono individui per i quali essa è particolarmente penosa e intollerabile, e individui che riescono a tollerare un alto grado di dissonanza impoverendo la propria personalità. La dissonanza cognitiva offre a ogni individuo la possibilità di mettere alla prova la bontà delle proprie opinioni, ma pochi sfruttano questa possibilità mentre molti la evitano.
Tratto da:
https://www.pensierocritico.eu/credenze.html
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