La situazione socio-politica della resistenza e del Paese impone una visione comune necessaria ad una vera liberazione nazionale, in cui molti possano convergere.
qui il video dell’articolo
pubblicato anche su Sfero
Se vogliamo avere qualche chance di costruzione politica seria e necessaria a consolidare lo spirito resistente al presente socio-politico-economico, dobbiamo farci capaci di dialogo e coinvolgimento verso quanti, seppur con diversi accenti, background e prospettive, capiscono come il presente sia solo l’inizio dell’ultima fase di un percorso/progetto di controllo globale, iniziato da decenni e velocizzatosi con l’avvento dell’elettronica, del digitale e della biotecnologia; un processo assai inquietante per la cultura, la democrazia, il diritto e l’umanità intera.
I diversamente sensibili a ciò che sta accadendo, non hanno ancora una narrazione comune in cui ritrovarsi e capace di sottomettere le divisioni alla necessità del presente; una narrazione che non può non essere democratica e plurale, ma che in primis deve essere assolutamente creativa, propositiva e attiva.
Anche se in forma sostanzialmente isolata, vista l’evidente incapacità creativa della “militanza di professione”, all’inizio del 2021 pubblicai un progetto per un Partito Unitario di Liberazione Nazionale, che mi sarebbe piaciuto potesse chiamarsi Stato di Diritto, pubblicando poco dopo un articolo in cui delineavo un possibile percorso costitutivo/operativo.
Ovviamente inascoltato, un anno dopo mi trovavo a soppesare attentamente il CLN presentato da Ugo Mattei a Torino qui e una settimana dopo a Genova, da me filmato e commentato in questo video.
L’analisi di Mattei sul presente è implacabile, non lascia spazio ad una speranza di azione democratica nelle istituzioni attuali, occupate alla stessa stregua del Paese da forze esterne alla democrazia e alla politica.
Anche se questa visione apparentemente configgeva con lo spirito del mio libro teso alla costruzione di una nuova formazione politica unitaria, la trovavo allineata con quanto dico già da anni: in sostanza, siamo troppo in ritardo con tutto per sperare in un normale processo democratico, soprattutto dopo l’enorme perdita di tempo, durata svariati anni, dietro la chimera e/o gatekeeper 5 Stelle, questione da me denunciata con molto anticipo.
L’analisi del Mattei, enormemente più autorevole e preparato del sottoscritto e, detto fra noi, figura ineguagliabile nel presente politico italiano “alternativo” al mainstream per competenza, autorevolezza e storia politica, anche vincente (per gli ignari/scettici consiglio la lettura del suo ultimo libro, Il Diritto di Essere Contro di cui potete anche leggere la mia breve recensione), non poteva non essere presa in considerazione e condivisa, cosa che feci immediatamente senza però rinunciare a delle questioni presenti nel mio umile lavoro, che in sostanza andavano oltre la mera esposizione di un’esigenza unitaria da un punto di vista politico, appunto il partito unitario.
Tali questioni ed esigenze partivano dall’evidente necessità di rifondare l’idea stessa di partito/organizzazione politica, con tutte le imprescindibili funzioni sviluppate in un organigramma, proposto per ora solo al CLN stesso come sviluppo di una serie di articoli intitolata Un partito ideale, in via di ultimazione.
Ancora più in generale, precedente a questa serie di articoli c’era comunque lo sforzo di sintetizzare un programma politico tendenzialmente unitario: questo lavoro ha partorito Linee Guida Per l’Attuazione dei Diritti Umani, che pur devo aggiornare essendo un work in progress, partendo da quello che per me era il minimo comun denominatore di una politica veramente nuova e coerente: i 30 diritti dell’uomo, che avevo già analizzato per farne contenuto politico nella serie di scritti I diritti umani e lo stato della civiltà, diventata anche podcast.
Tornando alla realtà politica ed ai miei contributi propositivi per il CLN, possiamo risalire a Il coraggio di dire basta e agire politicamente articolo addirittura precedente al CLN stesso, in cui mi riferivo ad un documento della Commissione DuPre per avanzare delle osservazioni in ordine ai problemi del movimento resistente e alla comunicazione necessaria.
Riguardo alla comunicazione, proseguivo le mie considerazioni e proposte con Suggerimenti per comunicare meglio il dissenso e con Quale legittimità per la nuova costituente?; gli articoli proseguono con Questioni per l’approccio alla nuova costituente, in cui sintetizzo 11 proposte tematiche e con Il CLN come “task force” democratica e costituzionale, in cui avanzo l’ipotesi di una sorta di “protezione civile ombra” con relativo appello per il “reclutamento” di cittadini resistenti e competenze varie; con Una proposta politico-operativa per il CLN suggerisco la pubblicazione di un “libretto di sopravvivenza politica e civile” da parte del CLN, e con Ulteriore stimolo al CLN: se non dirigismo almeno “direzionalismo”!, propongo un’ulteriore sollecitazione affinché il CLN possa prendersi delle responsabilità politiche ben precise, responsabilità che sottolineo necessarie anche da un punto di vista metodologico con il seguente CLN: un popolo riflessivo, capace e unito da Costituzione e diritti umani.
Con quest’ultimo articolo cercavo di suggerire altri 3 punti sui quali trovare un accordo di massima fra quanti dissentono: tre approcci riguardanti gli obiettivi generali e il metodo sul quale costruire una sintesi comune per ogni questione.
Per completare la serie di questioni, e siamo al presente articolo, credo di debba riflettere sulla realtà socio-politica che ci troviamo a vivere: sebbene contenga le drammatiche similarità con la prima parte del ventennio fascista evidenziate da Ugo nel primo intervento di Torino, credo faremmo un errore a trarne conclusioni troppo affrettate in ordine alle aspettative circa le prossime azioni del sistema e le conseguenti reazioni sociali immaginate.
Questo perché il sistema non è mai stato così padrone del discorso e della narrazione, in ogni ambito.
A questo punto, per riuscire a concretizzare l’azione del CLN e renderla politicamente efficace, credo occorra ragionare con una visione ampia e soprattutto ben ancorata al presente.
Non possiamo non tenere conto della particolare caratteristica della nostra epoca, dovuta in sostanza a 2 condizioni: l’invadenza della tecnica, dei media e dei social media in ogni aspetto della realtà, del pensiero e della vita e la sostanziale, totalitaria uniformità della loro azione, anche da un punto di vista tecnico-espressivo, dovuta al fatto di essere posseduti in larghissima parte dagli stessi pochi soggetti globali.
Questa situazione, che nella sua interezza si mostra da pochi decenni, determina una questione di cui dobbiamo assolutamente tener conto: la totale e totalizzante permeazione mediatica della realtà sta da troppo tempo riscrivendo la realtà stessa, le idee della gente, le modalità di relazione, la qualità nella percezione delle cose, la risposta agli eventi.
Tutta la realtà è inquadrata in schemi interpretativi del tutto falsati in quanto non liberi e plurali, marchiati da distorsioni e interessi sempre più lontani da ogni concezione umanista e volta ad un reale bene comune.
Chi come noi vuole riportare il sistema politico e la vita civile ad un livello comprensibile, trasparente, plurale, solidale, razionalizzato dal diritto, illuminato dai diritti umani e difeso da un vero stato di diritto, non può non tener conto della situazione qui descritta: dobbiamo mettere in conto che le idee ormai sedimentate, i comportamenti e le reazioni, individuali e di massa, possano non essere prevedibili e non seguire quegli schemi che ci aspetteremmo in una normale situazione di contrapposizione socio-politica.
Lo abbiamo visto marcatamente con la pandemia: il sistema ha lavorato assai bene, raggiungendo un livello altissimo di manipolazione intellettuale e culturale, tale da modificare completamente la consapevolezza delle persone.
Credo che da tali considerazioni si debba acquisire necessariamente un livello assai alto di elasticità: certo non sui principi e le direttrici generali, ma sulla strategia e sull’azione politica.
Se il CLN non è un partito e la sua azione non è indirizzata al momento elettorale, ma al ripristino dell’agibilità politica per gli esclusi e per tutti, con mezzi democratici, deve comunque accollarsi la responsabilità di fare in modo, se possibile, di ricostruire il sentire comune necessario al presente che, come abbiamo visto, oggi è sfilacciato e per nulla garantito dai mille divide et impera.
Ciò comporta un lavoro culturale, politico, giuridico ed istituzionale, anche “ombra”, capace di costruire una piattaforma di pensiero comune che faccia da sostegno per la nuova costituente e per un terreno di dialogo democratico e aperto, capace di porre le basi per una nuova stagione politica.
Indipendentemente dagli eventi e dai modi, il variegato popolo del dissenso anche non militante, ma comunque ancora consapevole di cosa voglia dire vivere in uno stato di diritto con un livello conoscibile e comprensibile di interazione sociale e istituzionale, deve avere una visione comune facilmente accettabile nei principi e nelle prassi, capace di fargli intravvedere una speranza in fondo al tunnel di un presente prossimo di possibili “eccessi” di vario tipo, sistemici, illiberali e autoritari.
Se non ci daremo da fare per costruire questa piattaforma politica di dialogo e azione, sarà sempre più difficile contrastare un sistema che mentre occupava ruoli e istituzioni, contemporaneamente ha agito sulla cultura, sulla percezione, sul senso comune di tutti, dividendoci e governandoci emozionalmente come marionette che hanno perduto il loro arbitrio, pensando che senza i fili del burattinaio non si può stare in piedi.
La prevalente frequentazione con persone che la pensano come noi può essere fuorviante, può negarci la capacità di tastare il polso ad una realtà che non è esattamente quella dei tg, ma neanche vicina alle nostre più rosee aspettative.
Apriamo bene gli occhi, senza schemi fissi, ma con assoluto pragmatismo, il lavoro politico da fare è tanto, a tutti i livelli.
14 luglio 2022
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