di Franco Mattarella
La credibilità non è una caratteristica intrinseca della fonte, ma è una relazione. (Guido Gili)
Quando ci troviamo di fronte a una persona elaboriamo sempre un giudizio sulla sua credibilità, e spesso siamo indotti a pensare che essa sia una proprietà intrinseca di quella persona. Secondo il sociologo Guido Gili (2005, La credibilità) la riflessione psicologica e sociologica contemporanea ha modificato questa prospettiva, proponendo che la credibilità sia qualcosa che viene riconosciuto dagli altri, anche se essa non può prescindere da qualità effettivamente possedute da quella persona. Ecco la definizione data da Gili (p.4):
“La credibilità è sempre una relazione tra emittente e ricevente/pubblico, per cui una credibilità universale ed un discredito universale sono i poli estremi di un continuum sul quale si collocano concretamente tante forme e modi diversi di credibilità. Spesso chi è credibile presso un interlocutore o un pubblico non lo è nello stesso modo e per le stesse ragioni presso un altro, come mostra, in modo estremo ed evidentissimo, il caso di molti leader carismatici. Per i loro seguaci rappresentano delle personalità eccezionali, dotate di qualità quasi sovrumane e di una credibilità illimitata; per gli altri possono apparire come degli esaltati, dei pazzi o dei criminali.”
La credibilità che attribuiamo a una persona non è “oggettiva” ma “soggettiva”: dipende da come la nostra mente è fatta in termini di ricordi, emozioni, esperienze, capacità logiche, ecc.
Il problema della credibilità di una persona non si pone nei rapporti di familiarità perchè le lunghe frequentazioni permettono di maturarla e sperimentarla nel tempo (anche la familiarità, comunque, non è esente da rischi perchè espone alla manipolazione).
Nel valutare le condizioni per accordare tale anticipazione entra in gioco il concetto di fiducia che è complementare alla credibilità, nel senso che si può parlare di fiducia solo quando l’altra persona è libera di tradirla (non vincolata da norme o imposizioni). Come ha scritto il sociologo Niklas Luhman (Le strategie della fiducia, Einaudi pp.131-132)“la fiducia non nasce da un pericolo intrinseco ma dal rischio. […] Ciò che determina il rischio è un calcolo puramente interiore delle condizioni esterne. […]”
Vi sono molti concetti legati alla credibilità (affidabilità, attendibilità, reputazione, ecc.) dei quali è opportuno conoscere le proprietà e individuare le differenze.
Quando comunichiamo non siamo quasi mai individui generici ma, la maggior parte delle volte, ci portiamo dietro un ruolo specifico riconosciuto dalla società: padre, insegnante, medico, manager, politico, operaio, ecc. I diversi ruoli professionali posseggono già, di per sé, una credibilità riconosciuta: la credibilità del ruolo che influenza positivamente o negativamente la nostra percezione dell’altro.
Insieme a questo tipo di credibilità ve ne è però uno più pertinente alla persona che stiamo valutando ed è la credibilità nel ruolo. Essa equivale al modo in cui quella specifica persona interpreta quel ruolo, con i suoi personali pregi e difetti. Questi due tipi di credibilità si influenzano e, di solito, se si ha un ruolo socialmente credibile si tende a interpretarlo in modo da rafforzarlo. Talvolta ciò non accade: ad esempio in Italia, negli ultimi anni, il patrimonio di credibilità del ruolo politico è stato sperperato da comportamenti personali discutibili sul piano etico (vedere ad esempio: G.Stella, S.Rizzo, La Casta – Perchè i politici italiani continuano a essere intoccabili 2007 Rizzoli). Dunque, a fronte del discredito della credibilità del ruolo, i politici (se sono eticamente dotati), dovranno impegnarsi di più nella loro credibilità nel ruolo per sperare che l’altro tipo di credibilità possa essere recuperato.
Secondo Gili (p.7) le radici della credibilità, che i riceventi cercano nelle persone, sono tre:
- radice cognitiva: è la competenza o qualifica riconosciuta di esperto.
- radice etico-normativa: è la condivisione di valori percepiti (pregiudizi inclusi).
- radice affettiva: è la condivisione emotiva di appartenenza (a un gruppo, un’associazione, un partito, ecc).
Il web offre la possibilità di verificare rapidamente la credibilità di una persona (la sua reputazione), attraverso: i commenti postati sui blog/forum, le menzioni ricevute da altri soggetti, le immagini postate sui social networks, ecc. Questa possibilità può diventare un rischio per chi pubblica incautamente informazioni che lo riguardano, perchè spesso esistono scostamenti tra l’identità personale e l‘identità digitale della stessa persona, dovuti al modo in cui la personalità dell’individuo viene ‘costruita’ in rete.
Tale problema ha dato luogo alla creazione di una nuova figura professionale: quella dell'”online reputation manager“. Naturalmente ciò riguarda soprattutto le persone che hanno una immagine pubblica da difendere, ma ciò diventerà una necessità anche per le persone comuni. Quando la credibilità online di una persona viene danneggiata (dai suoi comportamenti reali o da quelli di altri) esiste la possibilità che essa si rivolga a un servizio di ricostruzione della propria reputazione digitale. Alle persone “normali”, consigliamo di attuare i consigli suggeriti dall’articolo “Google e web, come gestire la reputazione online“. Per chi volesse fare qualcosa in più Susan Adams ha pubblicato su Forbes sei utili consigli per gestire la propria reputazione online nel seguente articolo: “6 Steps To Managing Your Online Reputation“. Esistono peraltro servizi rivolti a persone che hanno molto da nascondere e desiderano rifarsi una verginità online, ad esempio i politici: ecco un esempio di azienda che offre una “web reputation per politici” che li “ripulisce” prima di affrontare una campagna elettorale.
Riguardo alla credulità fanno riflettere i metodi usati da Kevin.D. Mitnick, un famoso hacker statunitense, per carpire informazioni riservate (L’arte dell’inganno, 2002 Feltrinelli). Mitnick ha dimostrato che l’anello debole della sicurezza dei sistemi informatici (anche i più sofisticati) non è di natura tecnologica, ma è il fattore umano. Egli riusciva a procurarsi le informazioni più riservate semplicemente… chiedendole, cioè sfruttando la credulità delle persone. Egli aveva la capacità di rendersi credibile a interlocutori che non aveva mai visto nè sentito prima.
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