La vera natura del meccanismo mentale innescato da governi solo apparentemente incapaci
Continuo con la serie di articoli che prendono spunto dalla “pandemia”, oggi siamo al nono.
La riflessione che mi spinge a scrivere va all’essenza con cui il fenomeno si sostanzia nelle nostre menti, grazie all’azione delle “autorità” mondiali.
In ordine a quanto andrò a dire, devo constatare che l’esempio dato dal nostro Governo è purtroppo emblematico, nella sua apparente perversione sfiora l’eccellenza: a ben vedere, sembra come se il Governo fosse da subito “predisposto” all’esecuzione di un “piano” ben determinato.
Non possiamo ora non ricordare l’iniziale negare, sminuire e rassicurare, mentre al contempo, in sordina, si stabiliva lo stato di “emergenza nazionale”.
Mentre in Cina si era nel pieno della crisi i “nostri” responsabili istituzionali negavano, sminuivano, rassicuravano per poi immediatamente cambiar registro ed attuare la veloce, progressiva serrata della nostra realtà.
Oggi possiamo tutti vedere gli effetti dell’enorme trascuratezza iniziale e dell’apparente mancanza di previsione, cui si aggiunge questa chicca, unite ad un atteggiamento fatale per la salute psico-fisica dei cittadini, come spiegavo in questo articolo in cui ipotizzavo un approccio globale al problema assai diverso.
Oltre a questo, andrebbe anche stimato quanti in più ce l’avrebbero fatta con una maggior preparazione individuale, famigliare e dell’intero Paese, se fosse stato adeguatamente informato ed aiutato da un clima più tranquillo dovuto alla non chiusura di attività, da misure di sicurezza non generalizzate, ma mirate, con una sanità non stremata dai criminali tagli compiuti da una politica solo interessata a soggiacere ai diktat della finanza.
Per avere una fotografia onesta nel conteggio finale dei deceduti, si dovrebbero comunque scorporare quanti sarebbero morti anche con la “semplice” influenza o polmonite annuale, che sappiamo causa migliaia decessi ogni anno.
Per venire al focus di questo articolo: non possiamo non vedere che lo spartito cui le scelte di governo ci hanno costretto, con l’esperto arrangiamento dei media, contiene l’unica melodia permessa dall’accordo sottostante: l’ansia sociale espressa dalla paura individuale evocata a suon di riti televisivi ormai consumati, ma sempre efficaci.
Ciò ha fatto sì che l’ordine di idee ormai installato nella nostra mente sia il seguente: “non finirà qui”, “dovremo conviverci a lungo”, “le cose non torneranno più come prima”, “il problema si presenterà di nuovo”, “non ci potremo più permettere determinati comportamenti”, “dovremo rivoluzionare le nostre vite”, “è un cambio totale di paradigma”, “una svolta epocale”, “un terremoto peggiore di quello vero”, “un cambio di civiltà”, “saremo costretti ad una maturazione”, “dovremo abituarci a convivere con l’emergenza”, “dovremo cambiare abitudini”, “scopriremo chi siamo davvero”, “avremo un periodo di transizione fino al vaccino” e via dicendo su questa falsariga.
Ciò che dico credo sia sempre più percepibile in ogni discorso, a qualsiasi livello: esprimiamo o sentiamo affermare dai nostri interlocutori un senso di rassegnazione, di ineluttabile cambiamento.
Respiriamo ansia quando parliamo delle condizioni di lavoro o della sua mancanza, quando veniamo a sapere che le scuole stanno considerando modifiche radicali nello studio, quando capiamo che la nostra azienda se la vedrà assai brutta, anche perché costretta ad indebitarsi ancora da un governo che non vuol sentir ragioni per quanto riguarda una moneta parallela esente da debito per il mercato interno, quando ci annunciano cambiamenti nei comportamenti da tenere in pubblico, quando ci si prospetta un futuro di minor espansione, quando capiamo che dovremo rinunciare a viaggiare, alle nostre libertà, quando da quei filantropi dell’OMS si evocano misure degne dei peggiori regimi (guardare qui se non ci credete), quando dovremo fare attenzione in ogni occasione di ammassamento “corpi”: ecco, sarà il corpo l’ambito prediletto di ogni allerta, il perimetro della nuova “sopravvivenza” del nostro essere, quell’ammasso di carne che abitiamo con meno energia di poche settimane fa.
Sono quindi ansia e paura i “filtri” cui pretendono costringere le nostre percezioni, in vista del progressivo controllo tecnocratico sulle nostre vite da attuare, ad esempio, come descritto qui.
È la paura il preteso “collante” regalatoci dall’“alto”, quella paura che, con tutta evidenza, tappezza le menti delle élite che sono al governo, sia dell’Occidente sia della Cina, già avanti da un bel pezzo nel regime di controllo sociale come riportavo qui.
Credete stia esagerando sulla questione paura?
Cos’altro, se non la paura, permette che il mondo sia ancora oggi un caos esposto a “casualità” ed eventi di cui potremmo far benissimo a meno?
Ci mancano gli ideali, le conoscenze e la tecnologia per un mondo di pace, più giusto e creativo, in cui tutti abbiano un lavoro, una dignità ed una vita di crescita personale come descritta nei diritti umani?
Evidentemente no: il livello tecnologico è già da un bel pezzo in grado di supportare tutti i cambiamenti necessari per costruire un mondo come quello appena descritto.
Gli uomini lo vorrebbero, il “potere” elitario dominato dalla paura no, con tutta evidenza.
Questo perché il “potere”, come affermavo nella precedente riflessione, non è veramente in mano alla società civile ma ad una teoscienza alla quale i nostri “rappresentanti” si genuflettono, rapiti dalla sua “potenza”.
Il potere della gerarchia teoscientifica è psicotico, fobico, paranoico, non si avvede del reale effetto delle sue pulsioni, se abbiamo ancora abbastanza libertà per vedere, come possiamo anche constatare nei 6 link del presente articolo.
Non credo ci sia più spazio per fidarsi delle “progressive” facce di una politica inerme e complice di forze che, mosse dalla paura, instillano lo stesso veleno in un’umanità sempre più stremata e confusa, alla quale mancano i mezzi intellettuali, soprattutto nelle nuove generazioni cullate dalle corporazioni tecnologiche, per capire i tradimenti ai nostri diritti, per conoscere quanto accadeva neanche 80 anni fa con la liberazione dal Fascismo.
Ormai le élite hanno chiaramente mostrato il futuro che ci attende, il nuovo “Fascismo corporativo”: lo faranno accadere nel più breve tempo possibile, sfruttando la pandemia, per evitare qualsiasi possibilità di fallimento.
È giunto il tempo che le forze sociali e culturali ancora libere si uniscano in un nuovo soggetto politico di Liberazione Nazionale, sotto le bandiere di Costituzione e diritti umani.
Continuare con le vecchie logiche divisive non si può, sarebbe un errore imperdonabile.
https://www.massimofranceschiniblog.it/, 08 aprile 2020
qui il mio libro, un programma politico ispirato ai diritti umani
fonte immagine: Public Domain Pictures
Lascia un commento