La democrazia è morente
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Ciao, il testo di cui ci occupiamo oggi ci fa capire che siamo di fronte ad uno dei più importanti articoli appartenenti ai cosiddetti “diritti civili”, su cui c’è molto da dire in merito alla loro attuazione.
Articolo 21
1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.
3. La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.
Abbiamo appena letto uno degli articoli che potrebbe dare l’impressione di maggior attuazione rispetto ad altri, impressione come vedremo del tutto fallace.
L’articolo definisce e circoscrive i parametri della nostra democrazia determinando immediatamente l’esigenza di una Repubblica, dato che afferma una sostanziale uguaglianza di ogni persona per quanto riguarda il diritto di individuare direttamente o indirettamente la politica della sua comunità.
L’importanza di questo diritto, inoltre, è tale da coinvolgere non solo il “senso” della democrazia, cioè del regime con cui la comunità decide di governarsi, ma, a ben vedere, la concezione e la natura stesse dello Stato.
Lo Stato dovrebbe perciò essere uno Stato di diritto, e la “forma” politica dello stesso repubblicana.
Mettiamo ora l’attenzione sui primi due punti dell’articolo: aldilà delle ovvie ragioni che potrebbero limitare individualmente tale diritto, come ad esempio una condotta criminale, vediamo che, di fatto, non siamo veramente nella condizione di poter affermare che abbiamo tutti le stesse possibilità.
Non sto dicendo che oltre alla libera scelta individuale di partecipare al governo o di poter accedere ad alcune cariche non dovrebbe esserci una qualche selezione di merito. Non è questo il senso.
Riguardo i primi due punti dell’articolo, la vera questione è che gli interessi della comunità sono di fatto esclusi e scavalcati da tutta una serie di consuetudini, norme, interessi, circoli privati, particolari e lobby, che riescono in gran parte a nominare una classe politica vicina o non contraria alle loro attività, per ogni ambito ed in ogni schieramento politico.
Tali circoli godono da sempre dalla frequentazione degli “anfratti” e dei “corridoi” del potere reale, della permeabilità delle istituzioni, delle norme più o meno astruse e complesse approvate da una politica compiacente, aiutata da una burocrazia “efficientissima”, proprio selezionate a tale scopo.
Nonostante l’apparente “conformità democratica” delle elezioni la legittimità delle classi politiche è del tutto fuorviante: la loro formazione e selezione è condizionata in mille modi, a partire dal peggioramento progressivo della qualità dell’istruzione scolastica, che ormai sforna una percentuale inaccettabile di “analfabeti funzionali”.
Oltre a ciò, grazie ad una precisa volontà politica “aiutata” dall’aver regalato la sovranità monetaria dello Stato alle banche private, le politiche sull’istruzione non attuano veramente lo spirito della Costituzione e dei diritti umani.
La scuola sconta, come vedremo meglio nel diritto inerente, una sempre maggiore “tecnicizzazione antiumanistica” ed un’inefficienza che sembra privilegiare quei soggetti in grado di accedere a particolari istituti privati.
Viene così messa in opera quella che è, di fatto, una prima “scrematura” sociale dei soggetti che saranno probabilmente incentivati allo studio ed all’ingresso in consessi di “prestigio”, dove andranno a formarsi i “rappresentanti del popolo”.
Lo Stato di diritto, infiltrato dagli “eletti” in ogni dove, non riesce più a garantire la sostanziale parità nelle opportunità, parità sottoposta ad ulteriore demolizione nei mille “percorsi”, nelle numerose “logge”, “fondazioni” ed istituti privati che, come sanguisughe, vivono sfruttando ogni centro decisionale ad ogni livello.
Si determina così una vera e propria “oligarchia politica”, non nobile ma “nobilitata” dal fatto di servire interessi privati, oltretutto sempre più sovranazionali, in primis bancari e finanziari, che allungano i loro tentacoli in ogni ambito culturale, universitario, diplomatico e scientifico.
Basta vedere l’entità del PIL finanziario mondiale rispetto a quello derivante dalla produzione di beni e servizi, basta osservare la nuova piramide sociale post Guerra Fredda che vede una ristrettissima cerchia di soggetti possedere quanto la metà del resto del genere umano, basta rendersi conto dell’influenza delle corporazioni globali, che stanno diventando più forti degli stati, ormai ex-sovrani, anche giuridicamente.
Credo che tali osservazioni siano più che sufficienti per capire come l’articolo in questione sia ormai carta straccia.
Se ci aggiungiamo quelle necessarie a comprendere l’invadenza e l’importanza dei media e di una tecnologia sempre più pervasiva, entrambi controllati dalle stesse logge private, abbiamo il quadro quasi completo.
In questa fotografia, dobbiamo infatti inserire il problema delle elezioni, evocate al punto 3, ormai del tutto democraticamente delegittimate da sistemi elettorali astrusi e maggioritari, atti a dividere l’elettorato e restringere ogni spazio civile dialogico di formazione politica e delle politiche.
Elezioni del tutto falsate, inoltre, dall’ingiustificato spazio dato nei media a quelle forze politiche già maggioritarie nella società.
Non si è riflettuto abbastanza su tale ingiustizia, che dovrebbe far inorridire ogni giurista veramente democratico: in campagna elettorale non c’è giustificazione alcuna alla sovraesposizione delle forze maggioritarie, che impedisce le pari dignità e visibilità di nuove idee e forze emergenti.
In democrazia, solo le elezioni dovrebbero determinare la relazione percentuale delle forze parlamentari, non la selezione innaturale data dal “sistema” politico-mediatico-elettorale.
In ragione di quanto sin qui esposto, credo sia del tutto urgente che dalla società civile si formi una nuova cultura politica, finalmente democratica e trasparente, ispirata innanzitutto all’attuazione reale dei migliori principi di civiltà ben espressi nei 30 diritti umani e nelle migliori Costituzioni che li incarnano.
Se ciò non avverrà, saremo individualmente destinanti ad essere sempre più dei numeri di cui le entità globali conoscono tutto: riusciranno a prevedere e determinare ogni nostra idea e scelta, per fornirci quella realtà che ci apparirà appagante, l’unica che ci saremo meritati.
https://www.massimofranceschiniblog.it/, 2 novembre 2018
Questo il bellissimo video relativo all’Art. 21 dell’associazione no-profit: “Gioventù per i Diritti Umani”
il mio libro, un programma politico ispirato ai diritti umani
One Reply to “I DIRITTI UMANI E LO STATO DELLA CIVILTÀ Articolo 21. La democrazia è morente”