I falsi luoghi comuni economici sull’Italia. Percezione e realtà.

di Gilberto Trombetta

I luoghi comuni che servono a giustificare le politiche deflattive, di austerità – quelle che aumentano le disuguaglianze -, nascono da una propaganda che punta principalmente su una vuota esterofilia e un auto-razzismo colpevolizzante.

«Abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità», «Me la ricordo l’Italietta della liretta!», «Siamo un Paese di corrotti e lavatavi», «La Germania è più virtuosa e credibile, è la locomotiva d’Europa», «L’Europa ci ha regalato 70 anni di pace», «L’Italia è un Paese di analfabeti funzionali», «Il debito pubblico è un fardello sulle spalle delle generazioni future», «Lo Stato è come una famiglia», «In Italia usano tutti il contante perché è un Paese di evasori».

E si potrebbe andare avanti a lungo. È soprattutto caratterizzata, la propaganda liberale, da una scarsissima aderenza alla realtà. Spesso nulla. Al punto di arrivare addirittura a stravolgerla. Ci hanno fatto talmente tanto il lavaggio del cervello che ci pisciano in testa, ci dicono che ci stanno pisciando in testa, ma noi diciamo che piove perché mica siamo complottisti

Il debito pubblico e le generazioni future
Non ci giro intorno. Al netto delle passività con l’estero, il deficit dello Stato corrisponde, per mera identità contabile, al credito del settore privato. Cioè alla ricchezza di famiglie, imprese e settore bancario nazionale. Il debito pubblico è una ricchezza non solo per chi detiene titoli di Stato italiani (storicamente uno dei principali beni rifugio, insieme al mattone, per le famiglie italiane), ma per tutti noi che usufruiamo quotidianamente di ciò che con quel debito è stato realizzato nel corso degli anni (autostrade, ferrovie, reti elettriche e telefoniche, scuole, ospedali) e dei servizi resi dai dipendenti pubblici.

Inoltre, tecnicamente, il debito pubblico non si ripaga, si rinnova con l’emissione di nuovi titoli di stato. Non esiste nessuna generazione futura di nessun Paese che dovrà ripagare il debito pubblico. Anzi a dirla tutta è il contrario, è il basso debito pubblico che ruba il futuro alle prossime generazioni. Non è un caso infatti se tra i Paesi più ricchi e sviluppati ci siano quelli col debito pubblico più alto (USA, Cina, Italia, Giappone, Francia) mentre quelli con debiti particolarmente bassi sono, di solito, Paesi del Terzo Mondo.


Non ha neanche senso il paragone della gestione dello Stato come una famiglia.
Conoscete famiglie che emettano moneta e tassino gli abitanti del loro quartiere? Ecco. Solo all’interno dell’Eurozona e del Franco CFA gli Stati si sono effettivamente ridotti al livello delle famiglie costrette a indebitarsi quando hanno bisogno di più soldi di quanti ne entrino col reddito (le tasse nel caso dello Stato).

Ma nel mondo normale uno Stato può finanziarsi quando vuole e non corre rischio di fallire. Lo ha detto addirittura la BCE: «Se il debito pubblico è denominato nella valuta nazionale, non esiste il rischio di default».


Un paese di corrotti ed evasori
È un problema tipicamente italiano. “Italienischer selbsthass“, lo chiamano i tedeschi. Un odio di sé e del proprio Paese tipicamente nostrano. Un problema affatto recente se già Enrico Mattei nel 1961 constatava con amarezza la sua esistenza, perseveranza e diffusione.

Eppure basterebbe conoscere la storia per sapere che, per quanto piccolo, siamo un Paese che ha da sempre, nei secoli, saputo innovare, produrre, trasformare, creare, stupire tutto il mondo. In tutti i settori. Senza contare il patrimonio artistico. Il nostro mare, le nostre montagne e le nostre colline. La nostra cucina.

 

Eppure oggi molti di noi pensano il peggio possibile.
Tanto del Paese, quanto dei suoi abitanti (escludendo ovviamente se stessi e, forse, gli affetti più stretti). Ma anche in questo per fortuna, ci viene in soccorso la realtà. Pensiamo alla corruzione. La tanto sbandierata classifica, quella di Transparency International, che ci vede tra gli ultimi posti al mondo insieme a improbabili Paesi, si basa infatti sulla percezione.

E quale potrà mai essere la percezione degli abitanti di un Paese che da decenni, da dopo Tangentopoli almeno – complice una certa stampa che su quest’immagine ci ha costruito la propria fortuna – si vede dipingere come un popolo di corrotti ed evasori? Che il 97% degli italiani ritiene che la corruzione sia diffusa in Italia, contro una media UE del 76%.

Ma si tratta appunto di indici soggettivi, basati cioè su una percezione distorta della realtà.
Non appena si consultano studi e pubblicazioni (EURISPES e ISTATbasate su dati oggettivi, la realtà cambia clamorosamente. L’Italia è infatti uno dei Paesi europei con la minore incidenza per quanto riguardo le esperienze personali di corruzione: solo l’1,2% delle famiglie italiane è stato coinvolto direttamente in episodi di corruzione negli ultimi 12 mesi.

La verità è che risultiamo tra i meno corrotti d’Europa, incrociando i dati EURISPES con quelli ISTAT. L’Italia è alla pari della Francia in termini di “episodi di corruzione diretti o indiretti“, col 5% delle persone coinvolte, e fa meglio di Paesi come Olanda e Belgio col loro 7% di intervistati coinvolti o testimoni: l’Italia è ottava su 27 Paesi europei per “esperienza diretta o indiretta di episodi di corruzione negli ultimi 12 mesi“.

Per quanto riguarda la corruzione, gli italiani sono vittime di una sindrome e di un paradosso. Quella del Botswana e quello del Trocadero.
La prima consiste nella tendenza ad accostarci, sempre nell’accezione più negativa possibile, a Stati difficilmente assimilabili al nostro per benessere e ricchezza; il secondo si verifica poiché più si perseguono i fenomeni corruttivi sul piano della prevenzione e della repressione, maggiore è la percezione del fenomeno.

C’è evasione in Italia? Sicuramente sì. Come in tutti i Paesi. È particolarmente alta? In media con quella dei Paesi con tassazioni molto elevate. Sì, perché mentre c’è una correlazione tra livello della tassazione ed evasione, non ce n’è nessuno tra quest’ultima e l’uso del contante.

A proposito, sapete qual è il Paese in europa con l’evasione più alta?
La Germania, con 351 miliardi di euro di economia sommersa che sfugge a qualsiasi tipo di controllo. Un danno all’erario tedesco di circa 65 miliardi di euro.

Anche Francia e Inghilterra superano l’Italia come evasione stando a un recente studio della Commissione Europea. Non solo, calcolando l’evasione in termini percentuali rispetto al PIL, l’Italia è addirittura sotto alla media europea con l’8,1% contro il 9,7%.

Un paese di dipendenti pubblici e lavativi
Altro che essere pieni di dipendenti pubblici. Numeri alla mano, l’Italia è uno dei Paesi col minor numero di dipendenti pubblici rispetto alla popolazione d’Europa. Addirittura 2 milioni e mezzo in meno rispetto a Paesi come Francia e Inghilterra. E no, non è dovuto al fatto che noi non computiamo alcuni settori rispetto ad altri Paesi.

Anzi, ci informa EUROSTAT che è il contrario. Per esempio noi computiamo sia i dipendenti pubblici dell’istruzione che quelli della sanità, mentre altri Paesi, come la Germania, no. Stesso fenomeno vale per la fama di Paese di scansafatiche. Dati alla mano (OCSE), l’Italia è ai primi posti nella classifica dei Paesi dell’area europea dove si lavorano più ore alla settimana. 33 ore, 3 in più rispetto alla media europea e 7 ore in più rispetto alla Germania. In poche parole, lavoriamo quasi un giorno in più alla settimana rispetto ai tedeschi.

Un paese di analfabeti funzionali
In Italia 7 persone su 10 sono analfabeti funzionali!“. Quante volte lo avete letto? Lo dice la Scienza! Ma è davvero così? Ovviamente no. Tralasciando l’uso a mo’ di insulto della parola, e quindi distorsivo del suo vero significato, bisogna tenere conto della lettura spesso superficiale – quando non del tutto errata – dei dati e dei limiti delle diverse scale di misurazione (Fattore gG QI, PISA, TIMSS e PIRLS).

In un lavoro di qualche anno faHeiner Rindermann si era preso la briga di comparare i vari indicatori per avere risultati più affidabili e omogenei. Indovinate un po’? Non solo l’Italia non occupa le ultime posizioni, non è abitata da un vasto esercito di analfabeti funzionali, ma – anzi – si attesta come uno dei Paesi messi meglio. Volete sapere qual è il numero effettivo di analfabeti in Italia? Non è il 70%. E neanche il 30%. Si tratta del 5,4%.

 

La locomotiva d’Europa
La Germania viene spesso portata come esempio virtuoso in quasi tutti gli ambiti in cui, secondo la propaganda, l’Italia e gli italiani invece sarebbero manchevoli. Come è distorta, stravolta l’immagine, quindi la percezione, che abbiamo dell’Italia, vale lo stesso per la Germania. Ma al contrario.

Lungi dall’essere quell’esempio da imitare, la leggendaria locomotiva d’Europa, la Germania vanta invece tanti primati. Di quelli pessimi peròMaggior evasionescandali di corruzioni tra i più grandi al mondoaiuti di Stato alle bancheclientelismo (assai notevole).

Non solo, secondo l’Istituto per l’Economia Tedesca di Colonia, nel 2017 tra i 9 e gli 11 milioni di tedeschi hanno lavorato occasionalmente “in nero” e 2 milioni e mezzo esclusivamente “in nero”. In molti casi per non perdere sussidi e aiuti destinati ai disoccupati.

I primi della classe
Un’altra cosa che sfugge a molti è l’effettivo comportamento dell’Italia all’interno della UE. Siamo uno dei Paesi che ha sempre rispettato gli assurdi vincoli imposti dalla UE, come il tetto del 3% del rapporto deficit/PIL (poi sostituito con l’ancora più assurdo Output Gap).

Questo mentre altri stati membri se ne fregavano e sforavano anche più del triplo il tetto. Da quando è entrata nella UE, l’Italia è il Paese che in termini percentuali ha visto aumentare meno di tutti il proprio rapporto debito/PIL.

Siamo in avanzo primario da quasi 30 anni, dal 1992.
Tutti gli anni tranne uno, il 2009. Vuole dire che da un trentennio lo Stato italiano toglie ai propri cittadini, ogni anno, più di quanto gli abbia dato in beni, servizi e stipendi. Solo tra il 1995 e il 2015, la differenza tra quanto lo Stato ci ha dato e quello che ci ha tolto è stata di 700 miliardi di euro.

Lo sapete qual è invece uno dei Paesi che delle regole europee se n’è sempre fregato, interpretandole, piegandole per se stesso a e applicandole rigidamente agli altri?
Esatto, sempre lei, la Germania.

 

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