di Giovanni Lazzaretti
«Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis».
La riduciamo sbrigativamente in “la Storia è maestra di vita”, ma la frase di Cicerone è più ampia: «La Storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera dell’antichità».
Forse era così prima che si espandesse il “tritacarne mediatico”. Adesso anche ricordare i fatti dell’altro ieri è un lusso che nessuno più si permette: i media lavorano qui e ora, e tutto ciò che sia solo “di ieri” è già cancellato.
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Una persona poteva cascarci nel 2001 ai tempi dell’Afghanistan. Qualcuno continuò a cascarci anche nel 2003 ai tempi dell’Iraq. Qualcuno, follemente, ci cascò anche nel 2011 con la Libia. Ma è possibile che ci si continui a cascare anche oggi con la Siria?
Viviamo in un terzo millennio di fake news planetarie:
– le notizie internazionali hanno un’unica fonte generalizzata, a filtraggio Usa;
– in base a quelle notizie i politici agiscono e i popoli approvano;
– dopo qualche tempo si scopre che le notizie erano false;
– ma il tritacarne mediatico ha già fatto dimenticare tutto;
– e si riparte da capo col medesimo assenso planetario e coi medesimi disastri sulle popolazioni.
La storia della Libia 2011 era semplice.
Gheddafi era un dittatore laico, che teneva a freno col pugno di ferro i fondamentalisti islamici, ossia quelli che a sprazzi terrorizzano anche le città europee, e tutelava le minoranze. Aveva creato un sistema economico, finanziario e monetario alternativo.
Da presidente di turno dell’Unione Africana tra il 2009 e il 2010 aveva proposto all’Africa di dotarsi del dinaro-oro come moneta unica, idea che aveva trovato la contrarietà solo del Sudafrica e dei vertici della Lega Araba. La vedevano negativamente gli USA, l’Unione Europea, e in particolare il presidente francese Sarkozy, che definì la Libia «una minaccia per la sicurezza finanziaria del genere umano».
Constatato che non Gheddafi, ma il sistema finanziario USA+UE aveva prodotto il disastro economico–finanziario del 2008, l’affermazione di Sarkozy faceva ridere. E poi perché mai la moneta unica europea dovrebbe essere un bene e la moneta unica africana dovrebbe essere un male? A meno che Sarkozy, quando parlava di “genere umano”, non intendesse solo i paesi occidentali.
Nel 2011 iniziano le cosiddette “primavere arabe” e in Libia iniziano a operare i “ribelli cirenaici”. Cosa fecero i ribelli prima ancora di formare un governo provvisorio? Crearono la CBB (Central Bank of Benghazi), banca di proprietà di privati, in opposizione alla CBL (Central Bank of Libya) di proprietà dello stato libico. E’ il primo caso nella storia dell’umanità di una “rivolta bancaria”: la volontà di distruggere un esperimento di benessere ottenuto con un sistema economico – finanziario alternativo.
Ricordiamo qualche dato sulla Libia 2011.
Innanzitutto il PIL pro capite. La Libia era tra i primissimi in Africa e prima nel Nord Africa (Libia $ 14.192, Tunisia 8.002, Algeria 6.709, Egitto 5.892, Marocco 4.362).
Il PIL pro capite però può ingannare, perché la ricchezza potrebbe essere concentrato in poche mani. Uno strumento standard per misurare il benessere di un paese è l’ISU (Indice dello Sviluppo Umano), un mix di aspettativa di vita, istruzione, reddito. La Libia era al 53° posto mondiale (Tunisia 81° Algeria 84° Egitto 101° Marocco 114°).
Utile anche ricordare i livelli di emigrazione. I dati Istat sugli immigrati in Italia (31.12.2007) davano: 365.908 dal Marocco, 93.601 dalla Tunisia, 69.572 dall’Egitto, 22.672 dall’Algeria, 1.517 persone dalla Libia.
La Libia inoltre era il luogo della speranza per molti africani della fascia sub sahariana: eritrei, etiopi, nigeriani,… giungevano in Libia e trovavano ciò che cercavano, pane e lavoro, senza bisogno di arrivare in Europa.
Infine l’indice di disoccupazione, stima 2010: Libia 4,8 Marocco 12,0 Egitto 15,0 Algeria 18,0 Tunisia 24,0. L’indice di disoccupazione della Libia non era solo il più basso del Nord Africa, era il più basso del mondo.
Qui si inserisce l’inganno mediatico delle “primavere arabe”: come a est il popolo egiziano aveva fatto cadere Mubarak, come a ovest il popolo tunisino aveva fatto cadere Ben Alì, così era “mediaticamente ovvio” che il popolo libico facesse cadere Gheddafi.
Ma i parametri che ho elencato possono spiegare la caduta di Mubarak, possono spiegare la caduta di Ben Alì, mentre non possono in alcun modo spiegare una ribellione del popolo libico contro lo Stato più ricco e prospero dell’Africa.
In Libia si svolse una guerra fomentata e finanziata dall’esterno, vinta dai cosiddetti ribelli solo grazie ai bombardamenti del trio Francia (Sarkozy), Gran Bretagna (Cameron) e USA (Obama).
Perché bombardarono? Ma perché «in Libia abbiamo avuto una repressione forsennata e violenta rivolta contro la stessa popolazione libica da parte del governo e del suo leader Gheddafi»: così diceva il nostro presidente Napolitano.
E l’articolo 11 della Costituzione, “L’Italia ripudia la guerra”? Per Napolitano i bombardamenti non erano guerra, ma «repressione delle violazioni della pace».
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La Siria godeva di condizioni analoghe alla Libia. Pace, benessere, convivenza tra le minoranze, possibilità di mangiare, curarsi, lavorare, studiare, viaggiare, pregare. Nessuna necessità di emigrare. Nessun debito (34,4% del PIL nel 2011; noi eravamo al 120,9%). Un uomo forte a fermare fondamentalisti e terroristi.
Sempre prendendo a pretesto le “primavere arabe”, anche qui inizia una guerra civile diretta dall’estero, guerra che la Siria potrebbe vincere a breve. Ed ecco che ad ogni vittoria importante (Aleppo 2017 o Ghouta 2018) salta fuori l’accusa di “armi chimiche” e parte l’attacco automatico coi missili.
Posto che i missili NON hanno colpito fabbriche di armi chimiche, sarà interessante sentire, da chi è sul posto, che cosa davvero hanno colpito. Il trio dei protagonisti è sempre quello (Francia, GB, USA) anche se sono cambiati gli attori (Macron, May, Trump).
Posso capire che di fronte a notizie riportate tutte uguali da TV e giornali su “Assad l’Animale”, uno possa restare sconcertato e finisca per crederci. Ma la storia non dovrebbe essere lì ad ammonirci come «luce della verità, vita della memoria, maestra della vita»?
La Libia, dove ormai tutti sanno che siamo stati travolti da fake news planetarie, è lì ad ammonirci: «Badate che in Siria sta accadendo la stessa cosa, e con gli stessi attori!»
Niente da fare. Se ne accorge solo la Lega, evidentemente unico partito che guarda la realtà invece di guardare la televisione. Nel 2011 se ne accorse anche Carlo Giovanardi. Per il resto, nel 2011 come nel 2018, sono tutti allineati e ossequienti agli interessi del trio Francia + GB + USA.
«Il mondo è pieno di famosi democratici, che sono abilissimi a fare i loro interessi, mentre noi siamo abilissimi a prenderla in quel posto: il maggior coraggio a volte è la cautela» (Umberto Bossi, dopo l’attacco alla Libia 2011).
«Stanno ancora cercando le armi chimiche di Saddam, stiamo ancora pagando per la folle guerra in Libia, e qualcuno insiste coi missili intelligenti, aiutando i terroristi islamici quasi sconfitti. Pazzesco, fermatevi» (Matteo Salvini, dopo l’attacco alla Siria 2018).
La vicenda della Siria ci ha così rivelato chi potrebbe formare il prossimo governo. Sono divisi su tutto, ma su una questione almeno, la Siria, si sono ritrovati uniti e ossequienti: Movimento 5 Stelle + PD + Forza Italia possono davvero formare “il governo degli ossequienti”, basta che Mattarella tiri fuori dal cilindro un nuovo Monti.
Giovanni Lazzaretti
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