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La distopia sulla quale siamo messi in guardia da almeno cento anni e che tanto temevamo è già qui, costruita sulle nostre dimenticanze.

Qui il podcast dell’articolo prodotto da Cristina Dal Farra

Di Massimo Franceschini

 

Pubblicato a anche su Sfero, Ovidio Network

 

Abbiamo dimenticato di osservare, credendo sia meglio vedere solo quel che pensiamo ci faccia comodo.

Abbiamo dimenticato la verità sulle cose, per la presunta comodità del pensiero unico.

Abbiamo dimenticato il ragionamento, sostituito dall’adesione ad una delle scelte divisive che paiono obbligate.

Abbiamo dimenticato di conoscere, pensando basti la nozione.

Abbiamo dimenticato come risalire alle nostre responsabilità, per annullarci nel flusso degli eventi.

Abbiamo dimenticato che la massima ragione è quella volta al bene per tutti e alla creatività.

Abbiamo dimenticato che creare non è mistificare.

Abbiamo dimenticato l’intelligenza, pensando sia più intelligente affidarci al calcolo artificiale.

Abbiamo dimenticato la saggezza, preferendo una mistificazione di giovinezza.

Abbiamo dimenticato la forza, genuflessi alle pressioni ambientali e sociali che ce la tolgono.

Abbiamo dimenticato la responsabilità, pensando sia più debole della forza.

Abbiamo dimenticato che sono gli esseri ad esser diversi, credendo che ciò sia questione dei corpi.

Abbiamo dimenticato di essere spirito, e abbiamo un’infinità di problemi con il corpo.

Abbiamo dimenticato che è lo spirito ad esser vitale ed autocosciente, credendo che possano esserlo anche gli algoritmi.

Abbiamo dimenticato che lo spirito è fuori dal tempo e lo crea, pensando che debba evolversi invece di ricordare perché ha rimosso tutto il passato.

Abbiamo dimenticato di guardare, per catalogare mentalmente una realtà di cui non capiamo l’essenza.

Abbiamo dimenticato di essere nel presente, persi nel passato della mente e incapaci di predire il futuro.

Abbiamo dimenticato come comunicare, solo concentrati sui nostri circuiti mentali.

Abbiamo dimenticato il far di conto, come se i castelli si ergessero sul nulla.

Abbiamo dimenticato la libertà del pensiero, soffocata dal triste e rigido conformismo.

Abbiamo dimenticato la disciplina del pensiero, che tiene a bada le apparenti libertà della mente.

Abbiamo dimenticato di coltivare la consapevolezza, ricercandola nel parassita di coscienza che chiamiamo inconscio.

Abbiamo dimenticato l’onore, per affogarci nel clamore.

Abbiamo dimenticato la dignità, per l’effimera visibilità.

Abbiamo dimenticato le nostre emozioni, preferendo mostrare un’immagine di apparente equilibrio.

Abbiamo dimenticato il centro del nostro essere, credendoci più deboli delle nostre stesse emozioni.

Abbiamo dimenticato che la vita è sacra, per ideologie di progresso calcolato al controllo.

Abbiamo dimenticato l’amore, la vera forza creativa di futuro.

Abbiamo dimenticato il sesso, confuso con l’identità.

Abbiamo dimenticato l’identità, confusa con l’accettazione sociale.

Abbiamo dimenticato il pudore, per un’apparenza di libertà.

Abbiamo dimenticato l’essere, per scambiarlo con l’apparire.

Abbiamo dimenticato la bellezza, per un’estetica pesante e ridondante.

Abbiamo dimenticato l’eleganza, per dei segni di appartenenza al vuoto delle mode.

Abbiamo dimenticato l’arte, per cercarla nelle nozioni da emulare.

Abbiamo dimenticato la musica, ridotta a ritornelli e arredamento sonoro.

Abbiamo dimenticato la realtà, in favore della sua confezione alterata.

Abbiamo dimenticato la creazione, per dedicarci alla formazione.

Abbiamo dimenticato la salute, scambiata per assunzione di sostanze.

Abbiamo dimenticato la medicina delle buone notizie, credendo che la narrazione dei media sia equilibrata e affidabile.

Abbiamo dimenticato la sacralità della vita, credendo nei programmi delle agende globali.

Abbiamo dimenticato la socialità, per un surrogato digitale.

Abbiamo dimenticato che il bene personale e collettivo si compenetrano.

Abbiamo dimenticato i diritti umani, pensando siano riducibili alla libertà individuale.

Abbiamo dimenticato l’uomo, per controllarlo con la finzione di un pianeta riconoscente.

Abbiamo dimenticato la natura delle cose, per gli automatismi del progressismo ideologico.

Abbiamo dimenticato le diversità culturali, per un falso universalismo condotto dai media.

Abbiamo dimenticato la storia delle nazioni, per un mondo globale che sarà calato dall’alto.

Abbiamo dimenticato lo Stato di diritto, per il totalitarismo privato delle logge corporative.

Abbiamo dimenticato la moneta della Repubblica, senza capire che quella delle banche è la catena dello schiavo.

Abbiamo dimenticato il servizio pubblico, per l’apparente efficienza del privato.

Abbiamo dimenticato il bene comune, per un’idea di libertà senza responsabilità.

Abbiamo dimenticato il Paese in cui viviamo, pensando di sostituirlo con il resto del mondo.

Abbiamo dimenticato la politica, pensando sia più comoda la tecnocrazia.

Abbiamo dimenticato le Istituzioni, lasciandole in mano ai poteri forti.

Abbiamo dimenticato di sognare creativamente, favorendo il presunto progresso della tecnica.

Abbiamo dimenticato la responsabilità, sacrificata sull’altare dell’empatia.

Abbiamo dimenticato la giustizia, per la presunzione di annullare il reato con diagnosi che riducono l’essere alla biologia.

Abbiamo dimenticato il vero aiuto, per i falsi protocolli medicalizzanti che tradiscono medicina e responsabilità personale.

Abbiamo dimenticato la deontologia, sacrificata alla convenienza professionale.

Abbiamo dimenticato l’etica, per una filosofia debole di presunta sopravvivenza.

La distopia è già qui, alla fine della complessa stupidità di un pensiero che non riconosce più ciò che ha creato.

 

23 giugno 2024
fonte immagine: Pexels

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